Vivere Con La Guerra Alle Porte

Guardiamo tutti dalla stessa prospettiva?

Photo by Rebecca Peterson-Hall on Unsplash

Ai bombardamenti in Ucraina sono preceduti (e poi seguiti) quelli mediatici, con l’immediata polarizzazione sui due fronti: “Putin ha le sue ragioni” e “Gli Ucraini sono martirizzati da un folle”. A corollario delle due fazioni si è aggiunta la pletora delle “colpe dell’Occidente”, visto come: la Nato, l’Europa, gli USA, la UE, tutto condito con salsa imperialista.

Mi ci sono voluti giorni, ma finalmente mi sono fatta un’idea. Chi ha voglia di condividere o confutare è benvenuto.

LA NATO

Innanzitutto, la NATO non è gli Stati Uniti e non è l’Europa, ne fa parte anche la Turchia che non è né l’uno, né l’altro. E’ vero al di là di ogni ideologia che la Nato e l’Occidente in generale (inteso come USA e UE) abbiano delle colpe, soprattutto per il disastro nel Golfo e l’insorgere del nuovo terrorismo marchiato ISIS. Nessuno, al di là dell’appartenenza geografica o politica, potrà mai perdonare Colin Powell e la sua maledettissima fialetta di latte in polvere. Detto questo, non tutte le operazioni della Nato sono state decisioni unilaterali.

Nel 1995, la Nato entra militarmente nel conflitto dei Balcani, su specifica richiesta delle Nazioni Unite. Non riuscendo più a sopportare le atrocità, tra gli altri, di Mladic (non ci si guadagna il soprannome di “boia di Srebrenica” facendo il boyscout) il generale dell’ONU Rupert Smith chiede l’intervento della Nato. L’operazione inizia il 30 agosto e termina il 20 settembre, mettendo fine a un conflitto durato quattro anni, che ebbe nella locuzione “pulizia etnica” la propria cifra distintiva.

Anche nella prima guerra del Golfo, la Nato entra nel conflitto, prima con effetto difensivo nei confronti dell’Arabia Saudita che chiede di frapporre ai suoi confini quello che viene definito il “Desert Shield”; successivamente, nel gennaio del ‘91 inizia l’operazione “Desert Storm” dopo la scadenza senza esito di un ultimatum dell’ONU, e dopo due consultazioni avvenute nel settembre e nel novembre del ’90 tra Usa e URSS, che decide di non schierarsi.

Nel ’92 in Somalia, nella guerra interna tra Somaliland e Puntland, entra nel conflitto una forza internazionale, ancora una volta dopo tentativi dell’ONU con l’invio dei Caschi Blu; l’operazione Restore Hope non è stata condotta dalla Nato.

La narrativa antiamericana di quegli anni era: “gli USA non entrano in Somalia perché lì non c’è il petrolio” (poi ci entrarono con la forza internazionale e di petrolio, infatti, non ne trovarono. Non lo cercarono nemmeno) Nel ’95 la stessa narrativa sosteneva che “gli USA entrano in Yugoslavia a proteggere i musulmani di Bosnia, per accattivarsi le simpatie del mondo islamico, dopo la guerra nel Golfo”. Quindi, se intervengono sono imperialisti, e se non intervengono sono imperialisti lo stesso.

Tra le sciocchezze che ho sentito in questi giorni, ci sarebbe una lettura della Nato fondata come contraltare al Patto di Varsavia. Ma la Nato è stata fondata nel ’49, il Patto di Varsavia è stato siglato nel ’55. Casomai, potrebbe essere vero il contrario.

E’ vero, come sostenuto in questi giorni, che la Nato propose di fare entrare nel trattato la ex-Germania Est, dopo la riunificazione, in cambio di un non ulteriore allargamento a Est. Fu proprio durante i colloqui del ’90 tra Gorbachev e Baker, che la Nato propose questo accordo, ma nella registrazione dei colloqui, non c’è la risposta di Gorbachev, che da uomo intelligente qual è, chiede del tempo per rifletterci. Non è vero che la Nato promise o sottoscrisse alcun accordo di non includere le ex-Repubbliche Sovietiche, e non può essere vero perché Russia, Bielorussia e Ucraina si scissero definitivamente a dicembre del ’91.

La trascrizione dei colloqui si trova qui: Document-06-Record-of-conversation-between.pdf (gwu.edu)

E’ vero anche che gli strateghi americani hanno più volte ribadito che un ulteriore allargamento sarebbe stato un errore strategico. Non è vero, invece, che tra Nato e Russia i rapporti siano sempre stati tesi e privi di dialogo. Nel 2002, in Italia, si tenne il summit del Consiglio Nato-Russia, nel quale si siglò l’accordo “a 20”, ovvero l’accordo di assumere decisioni strategiche tra i 19 membri della Nato e la Russia, insieme. A firmare l’accordo, c’era Putin, da poco presidente della Federazione Russa. Negli accordi, si stabilisce di cooperare per far fronte al nemico comune del momento: il terrorismo di matrice islamica. Non solo si stabiliscono obiettivi comuni, ma si fa riferimento anche agli obiettivi ottenuti congiuntamente, in particolare nei Balcani (con buona pace di chi continua a ritenerli teatro di conquista della Nato)

L’intero comunicato, con gli interventi di tutti i partecipanti, si trova qui: rome-eng.pdf (nato.int)

La Nato e l’Occidente non sono privi di colpe che, se ben giostrate, possono essere l’arma di propaganda migliore in mano alla Russia (ma anche alla Cina, che per ora se ne sta defilata)

LA PROPAGANDA

In questa narrativa antiamericana (uso la semplificazione banalissima della stessa narrativa) c’è tutto il vero imperialismo culturale, che crede con cocciutaggine che l’Occidente abbia le capacità di influenzare i destini del mondo, dove gli Americani sono ottusi cowboy dal grilletto facile, e contemporaneamente sono astutissimi mentalisti manipolatori. Basterebbe studiare un po’ di Storia, per vedere quante volte, questi tentativi siano andati falliti, dal Vietnam all’Afghanistan. Anche ora, con l’invasione dell’Ucraina da parte della Russia, c’è chi sostiene che gli Ucraini siano stati sobillati da agenti filoccidentali infiltrati.

Che la Russia abbia a sua volta infiltrato i propri agents provocateurs in Bielorussia dove c’è un governo fantoccio filorusso, con lo stesso presidente dal ’94, quello va bene. Che le autoproclamate repubbliche separatiste ucraine siano state istigate da una politica russa divisiva, è un’ipotesi che non si prende neanche in considerazione. Come dire, i Russi possono.

Ma i Russi, anzi, la propaganda russa può davvero fare quello che vuole, perché sa di poter agire su due sentimenti alla radice della cultura occidentale: il senso di onnipotenza e il senso di colpa. Il senso di onnipotenza è la convinzione che tutto ciò che accade sia un’azione indotta, o una reazione provocata dalle scelte politiche ed economiche dell’occidente. Questo è il fronte dell’irriducibile “Ucraina deve restare neutrale”, come se l’Ucraina non avesse voce in capitolo sulle proprie sorti.

Il senso di colpa è ancora può facile da sollecitare: dato che l’occidente ha condotto guerre sbagliate, allora adesso la Russia ha diritto di riprendersi quello che ritiene un suo territorio. Anzi, meglio, ha diritto di difendersi dalle mire espansionistiche della Nato. Attenzione, però; l’Ucraina non fa parte della Nato e non fa parte dell’Unione Europea, anche se ne ha manifestato l’interesse. Invadere preventivamente l’Ucraina, per non trovarsi il nemico alle porte, non è più giusto della guerra preventiva degli Usa contro l’Iraq. Ma è bastato che la Russia facesse riferimento all’imperialismo dell’Ovest, perché anche in Europa si schierasse il compatto fronte delle “colpe dell’Occidente”, che giustifica qualunque azione.

Non dimentichiamoci che Pavlov era russo, e la manipolazione grazie a una diffusione di informazioni molto ben orchestrata è una capacità che i Russi hanno coltivato forse prima noi. La propaganda, in questo momento, vuole i Russi salvatori del popolo ucraino, oppresso da un presidente matto che vuole spostare il baricentro della sua nazione più a ovest. In questa propaganda, i Russi non colpiscono gli obiettivi civili, difendono il Donbass da un genocidio, e ricreano un equilibrio contro lo strapotere occidentale. Le vittime civili sono colpa dei nazionalisti ucraini che vogliono far vedere quanto l’invasione sia cruenta. Tutto già visto e già sentito, come la teoria complottista dell’11 settembre ad opera dei servizi segreti americani per scatenare una guerra. Certo, come no.

A parte l’irritazione di leggere commenti inneggianti al successo di Putin, e alla fine delle ipocrisie occidentali, sono sempre grata a chi scrive teorie del genere, perché a dispetto delle critiche, non fanno altro che confermare di essere davvero in uno stato libero e democratico dove possono scrivere e manifestare le loro convinzioni, senza ripercussioni sulla loro libertà individuale. Certo, è doloroso che nemmeno i morti e i profughi disperati siano sufficienti a vedere da che parte sta il male.

L’ultimo tocco di colore a questa propaganda, da ambo le parti, riguarda il pericolo nucleare. Gli Ucraini accusano la Russia di aver conquistato le centrali nucleari sul loro territorio, per distruggerle, far fuoriuscire materiale radioattivo o privarli dell’energia. I Russi sostengono di averle conquistate per evitare atti di sabotaggio che potrebbero: distruggerle, far fuoriuscire materiale radioattivo o privarli dell’energia. Se i due fronti si accusano della stessa cosa, dove sta la verità? Probabilmente, in nessuna delle due versioni: le centrali ucraine non possono essere riconvertite per produrre armi nucleari, sono sicurissime e non è possibile avere un’altra Chernobyl. Ma che il terrore nucleare tenga lontani altri attori dal conflitto, alleati dell’una o dell’altra parte, fa un po’ comodo a tutti.

La vera domanda è: come si è passati dagli accordi Nato-Russia di Pratica di Mare, alla difesa della Russia contro la Nato?

CHI E’ PUTIN

Putin è l’ultimo zar. Il soprannome gli è valso per una serie di motivi, tra i quali la leggenda secondo cui, appena installatosi nell’ufficio che occupa al Cremlino, avrebbe sostituito il ritratto di Lenin con quello di Pietro il Grande. Putin è un uomo intelligente, glaciale e dotato di grandi capacità di analisi. Viene dal KGB, da dove si è congedato con il grado di colonello, e ha lavorato sotto copertura nella Stasi della ex-DDR. E questo personaggio, che ha militato e guidato i servizi segreti russi, lascerebbe infiltrare agenti occidentali a sobillare una nazione confinante? Francamente, ne dubito.

Il soprannome di “ultimo zar” non gli deriva solo dall’ammirazione verso Pietro il Grande.

Quando Putin arriva sulla scena politica russa, nel ‘99, l’URSS si è disgregata in Repubbliche, unite (quasi tutte) nella Comunità degli Stati Indipendenti. Peraltro, l’Ucraina non ha mai ratificato lo Statuto della Comunità, e quindi di fatto, non ne è mai stata un vero e proprio membro.

Putin inizia il suo mandato con la repressione del terrorismo in Cecenia (resterà famosa la sua frase “li staneremo ad uno ad uno e li affogheremo nei cessi”) Prosegue con il suo momento di idillio con l’Ovest, fino alla Conferenza Nato-Russia del 2002. Nel 2004 le Repubbliche baltiche entrano a far parte della Nato. Sembrava che ormai la guerra fredda fosse archiviata per sempre, e che il mondo si avviasse verso una politica “unipolare” con una sola superpotenza, gli USA. Ma a Monaco, nel 2007, Putin fece questo intervento:

Tuttavia, che cosa è un mondo unipolare? Comunque si voglia abbellire questo termine, alla fine ci si riferisce sempre allo stesso tipo di situazione, ovvero a un unico centro di autorità, un unico centro di forza, un unico centro decisionale. È un mondo nel quale c’è un padrone, un sovrano. Ed alla fine questo non solo è pericoloso per tutti quelli compresi in questo sistema, ma anche per il sovrano stesso, perché distrugge se stesso dall’interno. E questo certamente non ha niente a che fare con la democrazia. Perché, come voi sapete, la democrazia è il potere della maggioranza alla luce degli interessi e delle opinioni della minoranza

Fine dell’idillio.

Nel 2008, Putin ordina l’invasione della Georgia, con la motivazione che la Russia sia tenuta a difendere le popolazioni dell’Ossezia, oggetto di genocidio da parte del governo georgiano.

Nel 2014, tocca alla Crimea essere liberata grazie ai Russi. E ora, nel 2022 è il turno del Donbass e (se riesce) dell’intera Ucraina. La Moldavia sta già chiedendo aiuto alle nazioni del blocco Nato.

Se togliamo la Bielorussia, che non si è mai affrancata dal legame con la Russia (e dove le opinioni della minoranza non sembrano una priorità) una ad una le Repubbliche ex-sovietiche stanno tornando sotto il controllo del governo russo, dove c’era un solo e unico zar.

Ma non tutti i territori sono di suo interesse.

COSA C’E’ SOTTO

Cosa c’è sotto, inteso come sottosuolo delle zone occupate?

La Russia, si sa, è un territorio vastissimo e con un sottosuolo ricchissimo. Non ha solo petrolio e gas, ma dispone anche di miniere di: rame, nichel, carbone. Ha anche oro, platino e diamanti.

Curiosamente, nel sottosuolo delle Repubbliche baltiche non c’è niente (e guarda caso, l’allargamento della Nato non era un problema) ma se guardiamo cosa si trova sotto il Caucaso e il Mar Nero, lo scenario cambia: oro nel sottosuolo della Georgia, petrolio tra Crimea e Mar d’Azov, carbone in Ucraina, miniere di metalli in tutto il Caucaso. L’Ucraina ha anche cinque centrali nucleari per la produzione di energia, ed è il paese di transito di due gasdotti, il Brotherhood e il Soyuz. Come se non bastasse, l’Ucraina ha alcuni dei porti principali sul Mar Nero, tra i quali c’è Odessa, dal quale transitano 40 milioni di tonnellate di merci all’anno (in tempi normali)

Cosa se ne fa la Russia del carbone ucraino? Il carbone è materia prima per alimentare l’industria mineraria, e la Russia è ricca al suo interno di miniere di rame e nichel, che esporta in tutto il mondo. Dall’affinazione del nichel si ottiene l’iridio, metallo preziosissimo, molto raro, e fondamentale nell’industria elettronica. E le centrali? L’industria metallurgica è straordinariamente energivora.

Il principale alleato della Russia è la Cina, che ha l’annessione di Taiwan nel mirino, e dove si trovano le principali (per non dire uniche) aziende di microchip, che sono poi esportati in tutto il mondo. La Nuova Via della Seta, che dovrebbe congiungere il grande export cinese con l’Europa, dovrebbe attraversare la Cina, passare da Istanbul, unire l’Ucraina con Mosca, e poi arrivare in Europa. La cartina si trova qui: https://www.opencalabria.com/wp-content/uploads/2017/05/via-della-seta.jpg

Allargando lo sguardo, si trovano sempre informazioni che cambiano un pochino la prospettiva.

E’ interessante guardare anche la cartina dei giacimenti che si trovano dalla Polonia fino al Mar del Giappone. E’ ancora più interessante, se si considera che nel giugno 1997 Putin conseguì il Master in economia all’Istituto Minerario di San Pietroburgo, con una tesi dal titolo La progettazione strategica delle risorse regionali sotto la formazione dei rapporti del mercato.

Allora, forse, il problema “Ucraina” non era l’adesione alla Nato, quanto la posizione strategica e la ricchezza del sottosuolo.

GLI UCRAINI SONO DEI POVERI MARTIRI

Forse no.

Nel 1994 l’Ucraina, insieme a: Russia, Stati Uniti e Regno Unito firma un accordo di adesione al trattato contro la proliferazione delle armi nucleari, e a seguito dell’accordo restituisce tutte le testate nucleari alla Russia. Nel memorandum, Russia, Stati Uniti e Regno Unito concordano che l’Ucraina sia uno stato sovrano e inseriscono nel Memorandum un accordo sull’inviolabilità dei confini ucraini.

Il testo completo si trova qui: Volume 3007 (un.org)

Dall’indipendenza dall’URSS, in Ucraina si sono susseguiti governi più o meno stabili, con ingerenze da Est e da Ovest. Il presidente Viktor Juscenko, filoccidentale, è stato avvelenato con la diossina nel 2004, presumibilmente ad opera dei servizi segreti russi; si salva per miracolo, ma rimane deturpato. La premier Julija Tymosenko, nel 2011, viene processata per malversazione di fondi pubblici; dal carcere, manderà delle foto che la ritraggono con estesi lividi, denunciando percosse da parte delle guardie carcerarie.

Nel 2014, a seguito delle manifestazioni di Euromaidan, dove gli Ucraini premono per una politica più filoeuropea, gli animi si accendono. A Odessa, un gruppo di nazionalisti ed estremisti di destra assalta la Casa dei Sindacati. Nel rogo che segue all’assalto, e nel linciaggio di cerca di salvarsi dalle fiamme, muoiono 42 persone, tra le quali alcuni che sostenevano il governo filorusso, una donna incinta, un ragazzo di 17 anni e altre persone che non sostenevano alcuna causa, ma sfortunatamente si sono trovate sul posto. Per questo avvenimento, nessuno viene incriminato. La polizia ha archiviato il caso, come “fatalità”. Per il resto del mondo si chiamerà “la strage di Odessa”.

I rapporti tra i governi ucraini e le regioni di Crimea e Donbass sono sempre più tesi e sempre meno cristallini.

Dopo l’annessione unilaterale della Crimea alla Russia, gli Ucraini non possono più ignorare il problema e, nel 2014 a Minsk, firmano un accordo tra: Russia, Ucraina, rappresentanti del Donbass, e OSCE (Organizzazione per la Sicurezza e la Cooperazione in Europa). Russia e Ucraina sono membri dell’Osce.

Il testo completo degli accordi si trova qui: Minsk Agreement: Full text in English | UNIAN

Ad entrambe le fazioni (esercito ucraino e separatisti del Donbass) viene richiesto il cessate il fuoco e la creazione di una striscia di terra totalmente smilitarizzata. Inoltre, negli accordi l’Ucraina si impegna a indire elezioni libere, nelle due regioni, per la creazione di un governo locale.

Dal 2014 ad oggi, il cessate il fuoco è stato interrotto più volte, da ambo le parti. Le elezioni non hanno mai avuto luogo. Dal 2014 ad oggi, si contano circa 14.000 morti, tra Ucraini e abitanti del Donbass, negli scontri che non hanno mai avuto fine.

Ora, se mi si chiede tra Russia e Ucraina, in questo momento da che parte stai? Sto con l’Ucraina, dove la Russia sta bombardando le città e i civili stanno morendo o fuggendo.

Ma se si potesse, per un momento, uscire dalla logica del pensiero binario, del bianco o nero, mi piacerebbe ipotizzare una terza via.

DA CHE PARTE DEVE STARE L’EUROPA

Dalla propria.

Ha senso ipotizzare un’Europa ancora più allargata ad est, comprendendo Ucraina, Moldavia e altre nazioni? Non dimentichiamoci dei gruppi neonazisti che hanno compiuto la strage di Odessa. Non dimentichiamoci che in Europa abbiamo il “gruppo di Visegrad” che spesso è più in attrito che in linea con il resto d’Europa. E non dimentichiamoci il Regno Unito che, dopo anni di Unione Europea, ha deciso di star meglio da solo.

Se l’Europa potesse parlare con una voce sola, se avesse, come tutte le altre superpotenze: una sola politica estera, una sola lingua ufficiale, una sola difesa e una sola politica di approvvigionamenti, allora forse potrebbe tornare ad essere il centro del mondo libero. Ma non sarà possibile, finché ci saranno le fughe in avanti della Francia, che soffia all’Italia la posizione strategica in Libia, o della Germania, che in questo momento detta le regole delle sanzioni alla Russia, o ancora finché la Polonia non deciderà che aderire all’Unione Europea significa accettare la prevalenza della legge europea in alcune materie.

Essere europei può essere una scelta, oltre che un diritto di nascita, ma la scelta deve essere condivisa e senza deroghe, soprattutto sui diritti di tutti i cittadini.

GLI ALTRI

La Cina, che continua a ripetere che la sua amicizia con la Russia è “solida come una roccia”, ha negato alcuni giorni fa la vendita alla Russia di parti di ricambio per gli aerei civili; quindi, l’amicizia è solida, ma non è gratuita. Si è dichiarata neutrale nelle risoluzioni ONU, e continua a ribadire che ha sempre sostenuto e sempre sosterrà l’integrità territoriale delle nazioni. In questo modo lancia un messaggio chiaro: Taiwan andremo a riprendercela perché appartiene alla nostra nazione, ma noi non siamo degli invasori. Per il momento, la Cina sta a guardare cosa succede con la Russia. Se spera che la neutralità (come forse lo spera l’India) le farà guadagnare le simpatie di chi vincerà la contesa, temo che si sbagli. I Russi hanno visto che della Cina possono aver bisogno, ma non possono fidarsi; Putin lo ha lasciato intendere nel suo discorso dell’8 marzo, quando ha citato “gli alleati” mettendo delle sarcastiche virgolette. La Cina forse ha chiaro che è meglio non mettersi contro tutto il mondo.

Abbiamo capito che la forza delle nazioni si basa su una serie di parametri: la forza economica, la forza militare, la stabilità politica.

Chi ha tutte e tre? Gli USA, la Cina, l’Europa, la Russia.

Ma ognuna di queste quattro aree ha delle differenze, soprattutto in termini di forza economica. Mentre gli USA hanno la forza finanziaria e la produttività, la Cina ha soprattutto la grande produttività; l’Europa ha soprattutto le capacità finanziarie, e la Russia è un grande serbatoio di materie prime, ma con un’industria obsoleta.

Finché le marco-aree non accetteranno di avere dei limiti anche in quelli che reputano dei punti di forza, non ci sarà mai una vera economia globale basata sul welfare.

IN SINTESI

Penso che l’eventuale ingresso dell’Ucraina nella Nato stia a questa guerra come l’uccisione di Francesco Ferdinando sta allo scoppio della Prima Guerra Mondiale. E’ la causa scatenante, ma non è la ragione principale.

Le ragioni sono socioeconomiche: la necessità della Russia di conservare il controllo su materie prime e logistica, e il desiderio di alcune regioni ucraine di rientrare nell’alveo ex-sovietico.

L’Europa, gli USA e la Cina possono e devono schierarsi, ma non devono entrare direttamente nel conflitto.

Forse, il mondo dell’egemonia statunitense è finito per sempre, ma non sembra per il momento che sarà sostituito da un nuovo bipolarismo Usa-Russia. E potrebbe non essere un male.

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